Ho ventisei anni, frequento la Facoltà di ingegneria per l’ambiente e il territorio all’Università di Cagliari e lavoro come baby-sitter.
Da quando ho memoria i miei genitori mi hanno portata al mare d’estate e in montagna d’inverno. Qualunque posto visitassimo, che pranzassimo lì o meno, niente di quello che portavamo con noi doveva essere lasciato in quel luogo. Credo che la mia attenzione verso l’ambiente sia nata così, dall’educazione ricevuta in famiglia.
Crescere con la consapevolezza di vivere in un paradiso, esplorarlo e rispettarlo sono doni che mi sento quasi in dovere di trasmettere come posso. Per questo motivo non concepisco l’idea di lasciare cartacce, non fare la differenziata o sprecare il cibo. Ogni volta che ne ho l’occasione approfondisco il discorso sulle scelte personali cercando di sensibilizzare anche altre persone. Per esempio, per un compleanno i miei fratelli, sapendo quanto ci tenessi, hanno deciso di regalarmi un braccialetto di un’associazione che si occupa di raccogliere plastica dagli oceani; con il materiale raccolto realizzano diversi oggetti che poi rivendono per sostenere le loro attività di pulizia negli oceani e nelle coste.
Specialmente nell’ultimo anno, sto provando a comprare meno di tutto. La domanda che mi pongo quando entro in un negozio o desidero acquistare un prodotto è “ne ho davvero necessità?” Ed è incredibile quante volte la risposta sia no. I social, le pubblicità e la società in cui viviamo ci spingono al consumo; non siamo più abituati ad aggiustare, a riutilizzare o a condividere. Così, anche se ho un mio stipendio e la tentazione è forte, compro meno indumenti, meno scarpe, meno cosmetici e se ho necessità di comperare qualcosa scelgo con attenzione i prodotti evitando, ad esempio, quelli usa e getta. Le alternative esistono per quasi tutti i beni di uso quotidiano e, anche se a volte costano un po’ di più, bisogna considerare tutti i benefici; ne vale sicuramente la pena.
Francesca contemplando le meraviglie della creazione
Ammetto che c’è voluto tempo e sicuramente posso migliorare ancora tantissimi aspetti, ma oggi ho una consapevolezza diversa. Se vado a mangiare una pizza, il dolce lo ordino solo se sono sicura di mangiare tutto perché quella pizza per essere prodotta ha necessitato di energia elettrica per far funzionare la pizzeria, di legna per essere cotta, di acqua per coltivare pomodori e grano, tutte le materie prime sono state trasportate e delle persone hanno lavorato affinché io cenassi.
È un modo di pensare, un’ottica nella quale dovremmo entrare
tutti quanti in modo che non si parli più di scelte personali ma scelte
condivise. Il pianeta che abbiamo a disposizione è un bene comune, è mio
quanto dei miei futuri figli e delle persone che vivono dall’altra parte del
mondo. È una questione di rispetto reciproco.
Gli incendi in Australia, in California e nelle foreste amazzoniche, lo scioglimento di intere calotte, il cambiamento climatico che stiamo vivendo, sono tutti avvenimenti che dovrebbero spaventarci e metterci paura. Ma non quella paura che paralizza, quella che ti spinge a reagire. Dobbiamo fare la differenza ogni giorno con delle scelte ponderate e concrete, educando non solo i bambini ma tutti quanti alla sostenibilità, principalmente con il buon esempio.
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