A Maputo, in Mozambico, il Giubileo diventa l’occasione di un cammino di speranza per giovani alla ricerca di una nuova vita
In ogni Giubileo la Porta Santa rappresenta un simbolo potente: attraversarla significa accogliere la grazia del perdono e aprirsi a una vita rinnovata. Ma quella porta non è un luogo fisico né si limita solo a un pellegrinaggio verso Roma. È piuttosto una chiamata universale alla misericordia, una possibilità offerta a ogni essere umano, ovunque si trovi. Ogni volta che si attraversa una Porta Santa, si riscopre il valore del perdono e della riconciliazione, ci si apre a un cammino di conversione e di autentica rinascita interiore.
Padre Antonio Perretta, responsabile della Casa della Misericordia di Maputo, ne è convinto: “Dove si trova un essere umano bisognoso di misericordia, lì Dio opera e fa della sua esistenza il luogo della misericordia”. Non importa quanto lontano ci si trovi dalle basiliche romane o dalle cattedrali: ogni luogo può diventare un santuario della misericordia, se vi fioriscono gesti di amore concreto e solidarietà verso chi è nel bisogno.
Un segno tangibile di rinascita
La Casa della Misericordia non è solo un edificio, ma un laboratorio di vita nuova. Qui, giovani detenuti e ragazzi mozambicani trovano un luogo di accoglienza e riscatto. Ecco quindi l’idea, proprio in occasione dell’Anno Giubilare, di costruire un centro di formazione professionale come atto di rigenerazione, di vita nuova, per i giovani che hanno violato la legge affinché ritrovino la speranza di un futuro diverso. “Questo centro sarà il fiore all’occhiello del Giubileo” afferma p. Antonio, “e rappresenta un atto di rigenerazione per chi ha bisogno di un abbraccio misericordioso che lo accolga e lo trasformi, come accadde al Figlio Prodigo”.
Il percorso che si compie varcando la porta di questa Casa, fatta non di legno o pietra ma di amore concreto, è un cammino interiore, che porta all’incontro autentico con la misericordia di Dio. È un invito a riscoprire la propria dignità e a costruire una vita fondata su fiducia e speranza.
Una misericordia che si fa prossimità
Per chi vive situazioni difficili, come i carcerati, il pellegrinaggio verso una Porta Santa fisica è spesso impossibile. È qui che nasce l’intuizione di p. Perretta: “Se l’uomo non può recarsi a Roma, è la misericordia di Dio che si fa prossima. Dio si avvicina all’uomo, si china su di lui come il buon Samaritano”.
Questo principio ispira il lavoro quotidiano nella Casa della Misericordia, dove ogni gesto è pensato per costruire un ambiente che favorisca la rinascita interiore. Qui i giovani non trovano solo un tetto o un pasto caldo, ma una comunità che li sostiene nel ricostruire le loro esistenze.
La Casa diventa così un modello per tutta la Chiesa. L’obiettivo è ispirare altre comunità a vivere il Giubileo ovunque ci sia sofferenza e bisogno: negli ospedali, nelle carceri, nei centri di accoglienza o per strada. La fantasia dell’amore può creare nuove “Porte Sante” che trasformano ogni luogo in uno spazio di misericordia.
La fantasia dell’amore
La proposta è un invito rivolto a ciascuno di noi. “Ogni comunità può diventare una Porta Santa vivente, capace di rispondere alla sete di misericordia che Dio ha per ciascuno, specialmente per i più poveri” sottolinea p. Perretta.
La Casa della Misericordia, con il nuovo centro di formazione professionale, non sarà solo un simbolo giubilare, ma un segno concreto di redenzione. Qui, varcare la porta significa rinascere. È una testimonianza vivente che la misericordia di Dio non conosce confini e che ogni porta può diventare Santa, se aperta con amore.
Con un impegno costante e creativo, questa iniziativa dimostra che non ci sono limiti all’amore quando si sceglie di servire il prossimo. Ogni gesto di misericordia, ogni mano tesa, può essere il primo passo per costruire un mondo più giusto e umano. Nell’anno giubilare, ci ricorda che tutti siamo chiamati a essere strumenti della misericordia di Dio, portando luce dove ci sono tenebre e speranza, dove ci sono cuori spezzati.





Costruttori di rinascita e speranza
La Casa della Misericordia nasce nel 2016, grazie alla collaborazione tra la Diocesi di Maputo e la Comunità Missionaria di Villaregia, dalla consapevolezza che molti ex detenuti, una volta scontata la pena, si trovano ad affrontare numerose difficoltà per reintegrarsi nella società. Spesso privi di reti familiari o sociali di sostegno, rischiano di ricadere nella criminalità. La Casa vuole essere una risposta concreta a questa sfida, offrendo un ambiente che favorisca la crescita personale e il recupero della propria identità.
La struttura accoglie principalmente giovani ex detenuti, chiamati “faber”, termine latino che significa “costruttore”. Questo appellativo riflette l’obiettivo principale del progetto: aiutare ogni persona a diventare artefice della propria rinascita. Durante il loro soggiorno, i faber sono coinvolti in un percorso che mira a sviluppare la loro autonomia e responsabilità.
Il programma della Casa prevede diverse attività, tra cui laboratori di falegnameria, cucito e arte terapia, che non solo offrono competenze pratiche, ma favoriscono anche un processo di guarigione interiore. Attraverso l’arte, i giovani trasformano le esperienze negative in opportunità di crescita.
Un altro aspetto fondamentale della Casa della Misericordia è il supporto umano e relazionale. Ogni faber viene affiancato da un “angelo custode”, un ex detenuto che ha già intrapreso un cammino di reintegrazione e che funge da guida e sostegno. Questa figura rappresenta un elemento chiave del percorso di recupero, poiché testimonia che il cambiamento è possibile e che ogni persona può trovare una nuova strada.
Nella Casa della Misericordia ogni giornata è scandita da momenti di preghiera, lavoro, studio e condivisione, creando un clima familiare che favorisce la crescita personale. Le attività quotidiane aiutano i giovani a sviluppare disciplina, responsabilità e capacità di relazione.
Altro elemento distintivo del progetto è la positivizzazione delle esperienze di vita. Molti giovani accolti nella Casa hanno vissuto esperienze traumatiche. L’obiettivo è aiutare i faber a rileggere queste esperienze in modo positivo, individuando in esse opportunità di apprendimento e crescita. Ciò favorisce un cambiamento di prospettiva, permettendo ai giovani di vedere sé stessi non solo come vittime o colpevoli, ma come persone capaci di riscatto.