La Giornata della Donna è l’occasione per riflettere sulla condizione femminile nel mondo. Come quella di tante donne sconosciute, che con fatica e resilienza, tracciano cammini di emancipazione
Ogni fiocco di neve che cade dal cielo è il sospiro di una donna infelice in qualche parte del mondo – così racconta lo splendido e quanto mai attuale romanzo di Khaled Hosseini sulla condizione delle donne in Afganistan – a ricordo di come esse sopportano in silenzio tutto ciò che cade loro addosso.
In questo 8 marzo, anche se di neve non c’è traccia e si annuncia ormai la primavera, il mio pensiero va a loro, alle donne d’Afghanistan già dimenticate dalla stampa internazionale, a quelle siriane, alle madri del Sahel di cui non si è proprio mai parlato, alle giovani schiave della tratta nelle svariate rotte delle migrazioni, alle donne dell’Ucraina attualmente sotto i riflettori del mondo.
Gli ultimi due anni di pandemia, che hanno messo a soqquadro il pianeta e reso ancora più sfacciatamente evidente lo scandalo delle diseguaglianze economiche e geopolitiche, si lasciano dietro uno strascico doloroso di vulnerabilità al femminile.
Le statistiche parlano di un aumento esponenziale della violenza domestica in tutti gli angoli del mondo: punta dell’iceberg di una cultura patriarcale che si ostina a non riconoscere la grande opportunità di una società plurale e fondata sulla complementarietà maschile e femminile.

Quando ci penso, ho davanti ai miei occhi Justine. Dopo una vita di servitù domestica e di acrobazie quotidiane per permettere almeno alle sue figlie una vita diversa, a quasi sessant’anni Justine finalmente ha imparato a leggere, grazie al progetto Fior di Loto, che stiamo realizzando in Costa d’Avorio.
Ed è proprio davanti a Justine che mi appare possibile un punto di svolta per dare a questa giornata un respiro di speranza. Perché, se c’è un denominatore comune femminile che ho incontrato nei miei itinerari missionari, è la straordinaria capacità di sopportare, con testarda tenacia, il peso del mondo.
Intendo sopportare nel senso originario di “portare sopra”, ovvero di portare su di sé l’altro, accettandone il peso; che si tratti della gestazione di un figlio, del tenere la mano a un anziano o del lavoro appassionato e rigoroso, nel più svariato spettro delle professioni, per collaborare allo sviluppo dell’umanità. E spesso queste tre dimensioni vanno insieme, in esistenze caotiche e complesse, dove rimane però ancora lo spazio per una carezza.
Ecco, in questo sopportare testardo e fiero per continuare a generare vita, proprio in un momento in cui si sentono i folli rumori di guerra, ci vedo le orme di una speranza rivoluzionaria… la stessa di Maria Maddalena, anche lei donna e vulnerabile, che sopportando l’incredulità degli apostoli, dopo i giorni della cieca violenza sull’Innocente, ne ha annunciato la Risurrezione, aprendo con dignità tutta femminile la prima pagina di una storia nuova.
Auguri, allora, a tutte le donne e, in modo particolare, a quelle che pur portando pesi difficili, non desistono dal generare e proteggere la Vita!
Annamaria Amarante
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