Cristo è morto ma è soprattutto risorto per tutti noi. Siamo, dunque, invitati a partecipare della Sua passione, della Sua morte e della Sua risurrezione, per poter anche noi essere capaci di dare la nostra vita per generare nuova vita
Siamo oramai giunti, anche quest’anno, alla celebrazione della festa cristiana per eccellenza, che riporta il senso pieno della sequela a quel Gesù, Signore, fondamento della nostra vita di credenti.
San Paolo, scrivendo ai Romani, sintetizza in poche semplici ma pregnanti parole, il significato profondo del memoriale che siamo chiamati a vivere:
“Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova (…). Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui” (Rm 6, 4.8).
Celebrare la Pasqua per noi, quindi, è un costante sperimentare il passaggio dalla morte alla vita, dal buio alla luce, dalla disperazione alla speranza vera. Come per il profeta Isaia, anche per ciascuno diviene evidente il saper cogliere i segni di resurrezione che Dio pone nella nostra esistenza: “Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?” (Is 43,19).
D’altronde, ogni giorno Dio opera con la sua amorevole ma discreta Presenza, generando questo fluire di vita nuova, trasformante le opacità quotidiane in risplendenti riflessi di amore. Ancor di più questo tempo particolare di pandemia, dove ognuno è chiamato a vivere un’esistenza, se vogliamo, più raccolta, diviene occasione privilegiata per nutrirsi della Parola di Dio. Ed è lo stesso Gesù, Parola incarnata, che ha patito, è morto ma è gloriosamente risorto, ad illuminare il nostro cammino.
In ogni situazione di vita vissuta riusciamo ad intravvedere le “piccole risurrezioni quotidiane”, segni concreti di quella luce che promana dalla presenza del risorto in mezzo a noi, che si concretizza, ad esempio, di fronte alla sofferenza del neonato colpito dal Covid insieme alla madre, da cui deve esserne allontanato, e suscita l’amore di quell’infermiera che lo accudisce teneramente.
Oppure di quel “panaro sospeso” (paniere sospeso) calato dal balcone che, senza rimanere mai vuoto, dispensa generi alimentari ai più bisognosi del quartiere, sostenuto dalla generosità di chi può maggiormente fare gesti di condivisione.
O, ancora, di quanti non si sono mai tirati indietro continuando a donare tempo e forze per aiutare nella preparazione e distribuzione dei pasti caldi nelle mense e per le strade.
Cristo ha sì sofferto, è sì morto ma è anche e soprattutto risorto per tutti noi. Siamo, dunque, invitati a partecipare della Sua passione, della Sua morte e della Sua risurrezione, per poter, anche noi, essere resi capaci di dare la nostra vita per generare nuova vita:
“Se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui”.