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Giornata mondiale del migrante e del rifugiato

In vista della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2021, che si celebra il 26 settembre, una riflessione della nostra sorella Carla Volterrani, responsabile della pastorale sociale della Comunità

“Chi ben comincia è già a metà dell’opera”: così recita uno dei più noti proverbi italiani, una perla di saggezza che dice semplicemente che se il punto di partenza è quello giusto e le fondamenta sono solide, il completamento dell’opera sarà forse non più facile in termini di impegno e fatica, ma si avrà la sicurezza di aver già imboccato la strada giusta. Papa Francesco ci incammina sulla strada giusta in questo Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2021 quando mette in chiaro fin dall’inizio che la strada verso un “noi sempre più grande” che deve arrivare a comprendere tutta l’umanità non è opera sua, il piano di una singola persona o di un gruppo di persone seppure dotate di grande volontà, fede e speranza. Questo cammino non potrà mai giungere alla sua meta se non si comincia bene, il che vuol dire partire con la convinzione che questo è prima di tutto e soprattutto il progetto di Dio per l’intera umanità. Senza la chiara consapevolezza che il “noi grande come l’umanità” è innanzitutto nelle mani di Dio, questa visione non è realizzabile perché noi esseri umani da soli non abbiamo le forze e la resistenza necessarie per arrivare in fondo a questa cruciale maratona”.

Con queste parole P. Gioacchino Campese, missionario scalabriniano, ci offre uno spunto di riflessione sulla 107a Giornata mondiale del migrante e del rifugiato che ricorre il 26 settembre, per la quale Papa Francesco ha intitolato il suo messaggio “Verso un noi sempre più grande”.

Mi piace pensare che il noi sempre più grande, che include tutti senza nessuna distinzione, prima di tutto è il sogno di Dio. Ma può essere il mio sogno e il sogno di chiunque si mette in gioco senza paura di rimanere deluso o delusa dai suoi passi falsi, dai suoi fallimenti, dalla mancanza di risultati.

Eloquente l’immagine della maratona: forse a volte è una maratona ad ostacoli, ma abbiamo Lui come allenatore infallibile, che non ci lascia sugli spalti a guardare o a tifare, ma ci fa diventare corridori. E che bello pensare che ci sono altri corridori che non sono i nostri avversari, ma, dice P. Gioacchino, “i nostri compagni di gara, di viaggio”! Perché ciò che conta non è arrivare primi, ma davvero partecipare ed arrivare alla meta.

Allora ciò che è fondamentale è avere chiara la meta, la visione, la direzione. Che per essere garantita deve essere la visione di Dio. Non la mia, la tua o la sua, ma quella di Dio.

Corso di formazione per migranti nella Comunità di Villaregia (foto d’archivio)

Chi come me porta gli occhiali, sa quanto miopia e presbiopia provocano le difficoltà nella vita quotidiana, nella guida dell’auto, nella lettura. Difficoltà gestibili, almeno in buona parte, ma sono pur sempre limitazioni. Credo però che anche chi degli occhiali non ha bisogno, capisce molto bene questo esempio che P. Gioacchino ci propone:

Si è già detto che per arrivare alla meta del “noi grande come l’umanità” la visione è fondamentale e noi cristiani abbiamo assolutamente bisogno della visione di Dio perché le nostre capacità visive sono spesso compromesse da una vista corta e miope al punto che non ci permette di vedere “oltre il nostro naso”. È indispensabile diventare consapevoli dei nostri problemi di vista, altrimenti pensiamo di avere grandi visioni, ma in realtà brancoliamo nel buio della cecità umana e spirituale incapaci di riconoscere i nostri fratelli e sorelle.

Visitatori alla mostra “I muri del mondo” nella Comunità di Vedrana (foto d’archivio)

Aggiungerei che anche non vedere da lontano impedisce di avere la visione della direzione giusta. Quali sono allora i problemi di vista che ci possono impedire di fare la nostra maratona verso la giusta direzione?

  • culturali ed etnici, quando non riusciamo a identificare ed affermare la dignità umana delle persone provenienti da contesti culturali e geografici diversi dai nostri. Oppure quando il passaporto, il permesso di soggiorno, il colore della pelle o altro diventano più importanti di ciò che è essenziale: essere umani
  • politici, quando ci arrendiamo alla retorica della paura e della ricerca a tutti costi del nemico, soluzioni ingannevoli a questioni serie che ci vengono continuamente rifilate da una certa politica populista che offre una visione inadeguata di chi è il popolo, il “noi” al quale apparteniamo
  • economici, quando creiamo distinzioni e barriere tra ricchi e poveri
  • religiosi, quando non si riesce a riconoscere in una persona appartenente ad un’altra religione un nostro fratello o sorella
  • persino ecclesiali, quando causiamo divisioni anche nelle nostre stesse parrocchie, dove creiamo piccoli noi separati tra loro, incapaci di unirsi in un “noi sempre più grande”, una comunità di fede che è sempre composta da tanti volti e gruppi diversi. In altre parole, il più delle volte la difficoltà iniziale è superare una visione parrocchiale del noi al quale apparteniamo.

Con o senza occhiali, questi problemi ci possono riguardare tutti. Vale la pena chiederselo, anche se siamo fedeli praticanti, battezzati fin dal seno materno, discepoli e missionari, volontari di qualche organizzazione o congregazione religiosa. Perché vale la pena il sogno di Dio!

“Siamo chiamati a sognare insieme. Non dobbiamo aver paura di sognare e di farlo insieme come un’unica umanità, come compagni dello stesso viaggio, come figli e figlie di questa stessa terra che è la nostra Casa comune, tutti sorelle e fratelli (cfr Enc. Fratelli tutti, 8). 

Carla Volterrani


Leggi la storia di Victor

Per saperne di più sulla Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, vai al sito della Fondazione Migrantes.

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