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I verbi della fraternità

Dall’ambito personale e familiare a quello sociale e politico, fino al dialogo interreligioso: in Fratelli Tutti il Papa indica con forza le azioni che costruiscono la fraternità universale. Ve ne proponiamo alcune per una riflessione condivisa

 

È l’accorato appello, contenuto nelle prime pagine della Lettera, che il Santo Padre rivolge non solo ai credenti ma a “tutte le persone di buona volontà”. Un invito che si ripete anche altrove nel documento per «reagire con un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale – scrive – che non si limiti alle parole. Bisogna sognare insieme, perché da soli si rischia di avere dei miraggi. In questo tempo che ci è dato di vivere, riconoscendo la dignità di ogni persona umana, possiamo far rinascere tra tutti un’aspirazione mondiale alla fraternità».  

Francesco “svela”, perciò, un «bellissimo segreto per rendere la nostra vita una bella avventura»:  non affrontare la quotidianità chiusi nel proprio mondo ma aprirsi a «una comunità che ci sostenga, che ci aiuti e nella quale ci aiutiamo a vicenda a guardare avanti». Accettare la sfida di un sogno collettivo vuol dire pensare a un’altra umanità, che assicuri terra, casa e lavoro a tutti.  

È questa la vera via della pace indicata dal Pontefice, possibile solo «a partire da un’etica globale di solidarietà e cooperazione al servizio di un futuro modellato dall’interdipendenza e dalla corresponsabilità nell’intera famiglia umana». 

Ascoltare e dialogare 

Tutti i giorni facciamo esperienza di quanto sia difficile ascoltare. Molte volte, quando l’altro è a metà del suo discorso, lo interrompiamo e vogliamo rispondergli senza aver ascoltato il suo pensiero fino alla fine. Mettersi seduti ad ascoltare l’altro, invece, è l’atteggiamento di chi supera il narcisismo e accoglie l’altro, gli presta attenzione, gli fa spazio nella propria cerchia. A fronte della nostra sordità il Papa ci ricorda che «San Francesco d’Assisi ha ascoltato la voce di Dio, ha ascoltato la voce del povero, ha ascoltato la voce del malato, ha ascoltato la voce della natura» (FT 48), e questo ha trasformato il suo stile di vita. 

Ascoltarsi, avvicinarsi, esprimersi, guardarsi, conoscersi, provare a comprendersi, cercare punti di contatto, tutto questo è la base del dialogo, indispensabile per incontrarci e aiutarci a vicendaIn un vero spirito di dialogo si alimenta la capacità di comprendere il significato di ciò che l’altro dice e fa. Diventa possibile essere sinceri, non dissimulare ciò in cui crediamo, senza smettere di dialogare, di cercare punti di contatto, e soprattutto di lavorare e impegnarsi insieme.  

«È necessario un dialogo paziente e fiducioso, in modo che le persone, le famiglie e le 
comunità possano trasmettere i valori della propria cultura e accogliere il bene proveniente dalle esperienze altrui». (FT 134) 

Nell’ambito religioso il dialogo tra credenti consente l’azione congiunta per il bene comune e la promozione dei più poveri. Le convinzioni religiose riguardo al senso sacro della vita umana ci permettono di riconoscere i valori fondamentali della comune umanità, valori in nome dei quali si può e si deve collaborare, costruire e dialogare, perdonare e crescere, permettendo all’insieme delle diverse voci di formare un nobile e armonico canto. 

Paolo Bottau, sposo missionario, con Akram, giovane pakistano accolto nella Comunità di Vedrana

 

Alla base dell’accoglienza c’è l’amore che crea legami e fa uscire la persona da se stessa verso l’altro. Siamo fatti per l’amore e c’è in ognuno di noi «una specie di legge di “estasi”: uscire da se stessi per trovare negli altri un accrescimento di essere». Il legame di coppia e di amicizia è orientato ad aprire il cuore attorno a sé, a renderci capaci di uscire da noi stessi fino ad accogliere tutti.  

La stessa dinamica interpersonale il Papa la proietta a livello globale e osserva come l’amore ci fa tendere tutti verso una comunione universale, resa sempre più presente e palpabile dalle connessioni e comunicazioni che intercorrono a livello mondiale, sottolineando come «nei dinamismi della storia, pur nella diversità delle etnie, delle società e delle culture, possiamo vedere seminata la vocazione a formare una comunità composta da fratelli che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri» (FT 96). 

L’arrivo di persone che provengono da un contesto sociale e culturale differente, si trasforma quindi in un dono, che consente di incontrarsi, conoscersi e dialogare. 

«Abbiamo bisogno di comunicare, di scoprire le ricchezze di ognuno, di valorizzare ciò che ci unisce e di guardare alle differenze come possibilità di crescita nel rispetto di tutti. È necessario un dialogo paziente e fiducioso, perché le famiglie e le comunità possano trasmettere i valori della propria cultura e accogliere il bene proveniente dalle esperienze altrui» (FT 134). 

Prendersi cura  

Nella Bibbia troviamo la domanda che Dio rivolge a ciascuno di noi come l’ha rivolta a Caino dopo l’uccisione di Abele: «Dov’è tuo fratello?» (Gen 4,9). La risposta di Caino assomiglia a quella che anche noi diamo in tante situazioni: «Sono forse io il custode di mio fratello?».  

Il Papa lancia una critica vera e dolorosa alla società odierna quando dice: «siamo cresciuti in tanti aspetti ma siamo analfabeti nell’accompagnare, curare e sostenere i più fragili e deboliCi siamo abituati a girare lo sguardo, a passare accanto, a ignorare le situazioni finché queste non ci toccano direttamente» (FT 64). 

Francesco indica nella solidarietà la vera risposta all’indifferenza, una solidarietà che si esprime concretamente nel servizio.  

«Servire significa avere cura di coloro che sono fragili nelle nostre famiglie, nella nostra società, nel nostro popolo. In questo impegno ognuno è capace di mettere da parte le sue esigenze, aspettative, i suoi desideri di onnipotenza davanti allo sguardo concreto dei più fragili. Il servizio guarda sempre il volto del fratello, tocca la sua carne, sente la sua prossimità fino a soffrirla, e cerca la promozione del fratello» (FT 115). 

A questo proposito è molto interessante il passaggio in cui il Pontefice sottolinea come l’amore, pieno di piccoli gesti di cura reciproca, diventi azione civile e politica. Capace cioè di promuovere una politica che, liberata dall’ideologia, si spenda per costruire un mondo migliore. 

Il Papa tocca l’ambito politico e suggerisce che la preoccupazione principale dei politici dovrebbe essere quella di prendersi cura della fragilità dei popoli e delle persone. 

«In un modello di società funzionalista e privatista che conduce inesorabilmente alla cultura dello scartoil prendersi cura della fragilità dice forza e tenerezza, lotta e fecondità» (FT 188). 

Per un politico questo significa farsi carico del presente nella sua situazione più marginale e angosciante per riconoscere tutte quelle situazioni in cui è necessario riaffermare la dignità di ogni essere umano, senza compiere distinzioni o discriminazioni di sesso, condizione e nazionalità.  

Ci auguriamo che questa Lettera del Papa possa far riflettere e stimoli quei piccoli passi di cambiamento che sono alla portata di tutti per continuare a crescere e diventare davvero fratelli. 

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