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Adesso tocca a me, anzi a noi!

Ernesto e Carmen ci regalano la loro testimonianza di vita e di fede nella malattia

Ernesto e Carmen, membri del movimento Alleanza di misericordia, sono una coppia di amici della Comunità missionaria di Villaregia dalle origini. Un anno fa a Ernesto viene diagnosticato un tumore. Nelle righe che seguono è propio lui che racconta come ha vissuto e vive la sua malattia con la sua sposa.

Non c’è sofferenza o dolore che non possa essere vissuto nella misericordia di Dio. Non per nostra capacità ma per la fede che è Grazia.

Due spruzzi di Lidocaina in gola e mi stendo sul lettino. E’ il 14 dicembre 2020. Nella cannula inserita in vena è iniettato un sedativo ad azione immediata e inizia l’esame dell’esofago con un laser scan. Tutto era iniziato qualche giorno prima, quando avevo sentito grande difficoltà nell’ingestione di alcuni bocconi di cibo. “Disfagia”, questo il termine del disturbo provato, da indagare con un esame dell’esofago, mediante apposita sonda. Avevo fatto una gastroscopia nel 1997 per reflusso gastrico notturno, che aveva escluso la presenza di ulcere.

Il ricordo di queesto precedente esame mi scoraggiava abbastanza, sperando in un significativo miglioramento della “diagnostica medica”, mi facevo coraggio, e così attendevo l’esito dell’indagine appena eseguita,  senza che avessi provato alcun fastidio o disturbo. In realtà, i fastidi e i disturbi avrebbero caratterizzato i giorni ed i mesi successivi. Ma, ancora, non potevo saperlo.

Il medico mi ha subito spiegato ciò che aveva visto (anche con uno schematico disegno) e mi consegnava i prelievi di tessuto eseguiti, per affidarli ad un laboratorio di analisi, così da identificare quest’ospite indesiderato che aveva deciso di trovare alloggio e crescere nel mio esofago. Più precisamente in due diversi punti. Una prima formazione soggiornava nel primo tratto, mentre quella più grande si era posizionata all’imbocco dello stomaco, ed era essa la causa della difficoltà di deglutizione. A distanza di qualche giorno avrei conosciuto il nome di questi “corpi estranei”: adenocarcinomi. Insomma, ero diventato un malato oncologico.

Ho letto il referto appena entrato in macchina, dove mi attendeva Carmen, mia moglie, che mi aveva accompagnato. Siamo sposati da 39 anni, dopo 9 anni di fidanzamento. In relazione alle nostre età, abbiamo vissuto il 70% della nostra vita insieme. Le ho subito detto che l’esame non era andato bene e che le prospettive erano serie. Ma avremmo affrontato insieme, da subito, qualsiasi difficoltà o problema la vita ci avesse riservato.

Era giunto anche per me il momento di confrontarmi con una realtà che coinvolge tanti altri. Infatti, come capita: …gli altri – spesso – siamo noi. Mi sono detto, con grande serenità: “adesso tocca a me”. Tante volte ci troviamo ad ascoltare e incoraggiare parenti e amici che affrontano malattie tumorali. Adesso potevo mettere in pratica tutti i buoni consigli che tante volte mi ero prodigato di trasmettere. Ora dovevo viverli in prima persona, condividendoli con l’altra parte della mia vita, appunto: Carmen.

Ho sentito immediatamente una grande serenità di cuore e di spirito nel conoscere la malattia. Perché ho intuito subito, che non avendo fatto nulla di sbagliato per favorirla o “coltivarla”, diventava la strada che il Signore mi metteva davanti, e che mi chiedeva di percorrere. Questa esperienza diventava così “esperienza di  Grazia”, dono di Dio. Se, come credo, Dio mi ama, non può voler alcun male per me, ma solo la mia salvezza e quella della mia famiglia.

Ho pensato subito quanto sarebbe stato difficile per Carmen affrontare questa situazione. Io il male lo portavo addosso ed ero e sono disponibile ad accettarlo nel rispetto della volontà di Dio. Lei poteva solo angosciarsi e dolersi per la mia malattia. Infatti, i primi giorni sono stati per lei difficili. Preparavamo i biglietti di auguri (eravamo sotto Natale) quando è scoppiata a piangere. Scrivevamo di auguri, felicità, gioia del Natale e lei invece portava nel suo cuore questa pesante ombra grigia. Allora, l’ho abbracciata e le ho detto di sfogarsi, di piangere, di non tenere nulla “dentro” perché sarebbe stato peggio. Ma non doveva dimenticarsi che l’avremmo fatto insieme.

Tra l’altro qualche giorno prima ero stato in cattedrale a Cagliari e di fronte al Crocifisso che sovrasta la cappella alla sinistra dell’altare, nell’immagine della sofferenza pura, ho fatto un patto con Gesù: io sono disponibile a fare questo cammino, ma dove io non arrivassi, sarai tu a camminare con me, sollevandomi da quella fatica che non dovessi riuscire a superare. Insomma, lo faccio io, con Carmen, ma anche e sopratutto con Te e per Te, se come sta avvenendo ce lo stai chiedendo. Il Signore è fedele ed ha mantenuto questo patto.

Quindi, quante grazie da questa malattia. La presenza costante del Signore; l’accompagnamento costante di Carmen che condivide con me queste spine; la malattia a me e non a qualcuno della mia famiglia cosa che mi avrebbe fatto soffrire e preoccupare molto, molto di più; il dare un significato di salvezza al dolore, ecc.

Ripeto non per mio merito, capacità o coraggio, ma solo per la fede in colui che ci ama e che porta il mio volto scolpito nella sua mano e che mi guarda, specie nei momenti di debolezza e che mi dice, ogni volta, che non mi abbandona mai, donandomi la forza di cui ho bisogno.

Grazie Carmen ed Ernesto per averci fatto entrare nella vostra vita in questo momento così speciale, grazie per la fede con cui vivete la malattia, grazie per la testimonianza di fedeltà compiendo quella promessa che anni fa sull’altare vi siete donati reciprocamente: una sola cosa nella salute e nella malattia. Grazie.

 

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