Con il progetto Ubuntu, a San Paolo l’accesso all’università diventa una possibilità concreta per molti giovani delle periferie. Ce ne parla Rafael Cicero da Oliveira, coordinatore dell’iniziativa
Sognare l’università per un giovane della periferia brasiliana sembra impossibile. Eppure, grazie al progetto Ubuntu, centinaia di loro stanno trasformando le loro vite.
In Brasile, il sistema educativo non garantisce a tutti le stesse opportunità e i giovani provenienti dalle fasce deboli sono i più svantaggiati. Per questo motivo nel 2014, insieme a volontari della parrocchia e alla Comunità di Villaregia a San Paolo, abbiamo creato Ubuntu con un obiettivo chiaro: offrire ai giovani delle periferie, in particolare quelli a basso reddito e afro-discendenti, una possibilità concreta di accedere all’università, con i “pré vestibular”, corsi preparatori all’esame di ammissione all’università (vestibular). Nel primo anno, i partecipanti erano 90, ma oggi ne accogliamo 350.
Le periferie di San Paolo raccontano storie di disuguaglianze profonde, dove i giovani afro-discendenti affrontano ostacoli sistemici che limitano le loro opportunità. Questi quartieri, spesso segnati dalla povertà e dalla violenza, sono abitati in larga parte da discendenti di schiavi africani, che ancora oggi vivono sulla loro pelle le conseguenze di un passato di esclusione sociale e discriminazione. Non offriamo solo lezioni gratuite: promuoviamo anche una consapevolezza sociale e politica. Molti ragazzi arrivano al corso senza essere pienamente coscienti di appartenere a una parte della popolazione oppressa e privata di un’istruzione adeguata.
Per questa ragione, Ubuntu non si limita a colmare le lacune scolastiche, ma mira a formare cittadini responsabili, capaci di comprendere le dinamiche sociali e di parteciparvi attivamente. Il progetto si regge sull’impegno gratuito di 100 volontari: professori, coordinatori e personale addetto alla cucina. In ognuno dei 5 centri parrocchiali che ospitano questi corsi, dai 15 ai 17 insegnanti, insieme ai coordinatori e agli addetti ai pasti, si dedicano con passione a questa missione. Anche loro ricevono una formazione specifica, in due incontri annuali, che rafforza il senso di comunità e il legame con il progetto.



Quando ci chiedono i risultati, ci rendiamo conto di quanto sia difficile tradurre in numeri l’impatto di Ubuntu su ognuno di questi giovani e sull’intera comunità. Finora, 520 giovani sono riusciti a entrare all’università pubblica, un traguardo spesso impensabile per loro. Per noi questo è un numero molto alto perché sappiamo quanto sia impervio questo accesso. Molti sono i primi nella loro famiglia a intraprendere questo percorso. Altri, pur non riuscendo subito, lavorano per qualche anno e poi si iscrivono a università private.
Tuttavia, i risultati non si misurano solo in termini di iscrizioni: la formazione socio-politica li trasforma in cittadini più consapevoli e generosi. Le storie dei ragazzi che hanno partecipato al progetto raccontano questa trasformazione. Una giovane di Capão Redondo, vicina alla nostra comunità, desiderava studiare medicina per lavorare nei quartieri poveri. Dopo due anni nel nostro corso, è riuscita a entrare in facoltà. Ora è medico e presta servizio nel suo quartiere, segnato da violenza e povertà.
Un altro giovane, laureato in giurisprudenza, mi ha scritto di recente per raccontarmi un episodio: aveva vinto una causa per un cliente molto povero, il quale non poteva pagarlo. Ha deciso di chiedere in cambio una cesta di alimenti da donare al progetto, e il cliente ha accettato con gioia. Queste storie dimostrano che il vero successo di Ubuntu non è solo l’accesso all’università, ma la crescita umana e sociale di questi giovani. Il seme di speranza che viene piantato germoglia in carriere professionali solide e in scelte di vita responsabili e solidali, trasformando non solo loro, ma anche il mondo che li circonda.
In tutto questo, la chiave è il senso di comunità: giovani e volontari imparano che il cambiamento non è mai un percorso solitario. Ubuntu insegna che “io sono perché noi siamo” e che il progresso di uno diventa il progresso di tutti. L’università non è più solo un sogno, ma un mezzo per riscoprire la dignità, il valore e il desiderio di contribuire a un mondo più equo.