Laudate Deum

Davanti a un pianeta minacciato bisogna ritrovare nella lode a Dio il giusto posto dell’essere umano nella creazione

“Giustizia, pace e salvaguardia del creato” era il tema attorno al quale negli anni 80 si svolsero degli incontri nel mondo ecumenico a livello europeo e mondiale. Fin dai tempi del profeta Isaia si era messo in evidenza il legame tra giustizia e pace (Is 32,17) e le profezie di pace non mancavano di comprendere la totalità della creazione (Is 11,1-9). Tuttavia, la presa di coscienza che per garantire giustizia e pace bisogna che l’umanità assuma la sua responsabilità sulla custodia del creato è di questi ultimi decenni. Da allora i documenti che parlano di tutela dell’ambiente si sono fatti più frequenti fino ad arrivare, nell’enciclica Laudato Si’, a una visione globale del ruolo dell’umanità, chiamata da Dio a essere promotrice e garante dell’armonia del funzionamento dell’intero pianeta.

Sono passati più di 8 anni dalla pubblicazione dell’enciclica, ma si è fatto troppo poco, mentre si sono raggiunte criticità sempre più preoccupanti. Papa Francesco ha voluto ribadire l’urgenza impellente di passare all’azione, di fare di più, perché “non reagiamo abbastanza” (LD2).

L’Esortazione apostolica sulla crisi climatica

È un grido di allarme quello che proviene dall’esortazione apostolica Laudate Deum, nella quale siamo tutti invitati a ripensare il nostro uso tecnocratico del potere, poiché “il mondo che ci circonda non è un oggetto di sfruttamento” (LD 25). In un clima di decadenza etica e di debolezza della politica internazionale bisogna riconfigurare i rapporti di potere per fare in modo che anche le istanze dei più deboli siano ben rappresentate e tenute in considerazione. Una sfida enorme che chiede di abbandonare una mentalità che ha dominato fino ad oggi.

Ed è qui che diventa importante, per le persone di fede, ricorrere alle motivazioni spirituali per trovare l’impulso necessario al cambiamento. Seguiamo le piste tracciate dal Papa nell’ultimo capitolo.
Innanzitutto, ricordare che quando Dio ha creato ciò che esiste, ha visto che era “cosa molto buona” (Gen 1,31) e che al Signore appartiene “la terra e quanto essa contiene” (Dt 10,14, cf Sal 24,1). Contro ogni pretesa di dominio e di possesso, la Parola di Dio ci ricorda che nulla ci appartiene, ma come esseri umani non siamo che ospiti di qualcosa di più grande, che ci è stato però affidato perché ne siamo custodi. “Le terre non si potranno vendere per sempre” (Lv 25,23), richiama il principio del giubileo.

Foto di Mika Baumeister su Unsplash

Anziché sfruttare, si tratta piuttosto di comprendere la fitta rete di relazioni che consente anche a noi essere umani di trovare un ambiente nel quale poter vivere e realizzarci. Ciò ci permetterà di renderci conto della gravità della crisi che stiamo affrontando e di interrogarci sul fatto che tante specie si stanno estinguendo o sono minacciate. (cf LD 63)

Guardiamo a Gesù, come modello di attenzione piena di affetto e di stupore nella relazione con tutto e con tutti, ma ancor più come Risorto che avvolge le creature e le orienta alla pienezza.
Ne deriva un monito alla comunione e alla responsabilità:
«Dio ci ha uniti a tutte le sue creature. Eppure, il paradigma tecnocratico può isolarci da ciò che ci circonda e ci inganna facendoci dimenticare che il mondo intero è una “zona di contatto”». (LD 66)
Se l’essere umano è al centro della creazione, lo è solo nel “meraviglioso concerto di tutti gli esseri”, per cui “la vita umana è incomprensibile e insostenibile senza le altre creature”. (LD 67)

Sentire il gemito della creazione che soffre, accompagnare il percorso di riconciliazione con il mondo che ci ospita, affinché si arrivi a decisioni politiche, che devono essere supportate da cambiamenti culturali. Questi passano per il cambiamento delle abitudini personali, familiari e comunitarie: ogni piccolo gesto “contribuisce a realizzare grandi processi di trasformazione che operano dal profondo della società”. (LD71)

“«Lodate Dio» è il nome di questa lettera. Perché un essere umano che pretende di sostituirsi a Dio diventa il peggior pericolo per sé stesso”.
Lodando Dio possiamo trasformare il mondo, è questo l’invito del Papa.

p. Paolo Motta

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