Dal 20 al 25 marzo abbiamo incontrato oltre 700 ragazzi classi del Liceo Scientifico Statale “A. B. Sabin” per riflettere con loro sul razzismo
I missionari della Comunità Villaregia, Camila Carvalho dal Brasile, Gonzalo Salcedo dal Perù e p. Roberto Battistin, che è stato per diversi anni in Costa d’Avorio, hanno incontrato 32 classi del Liceo Scientifico Statale “A. B. Sabin” di Bologna, in occasione della 19ª Settimana di azione contro il razzismo promossa dall’UNAR.
Insieme agli studenti, hanno riflettuto sul problema del razzismo e dell’hate speech, attraverso una visita virtuale alla mostra “Ubuntu: unici, diversi, uguali”. La filosofia Ubuntu, basata sul contrasto alla discriminazione etnica e la promozione della diversità, è stata utile a trasmettere il messaggio del rispetto dell’altro e della reciprocità.
Il coinvolgimento di missionari di diverse nazionalità ha evidenziato come l’incontro e la collaborazione tra culture diverse sia un’opportunità per superare pregiudizi e stereotipi e aprirsi alla condivisione e all’accettazione reciproca.
Il percorso ha rivelato come il dialogo interculturale e la promozione dell’inclusione siano indispensabili per costruire una società più giusta e pacifica e come questa possa essere costruita da ciascuno a partire da piccole ma significative azioni capaci di promuovere l’uguaglianza e la diversità.
Agnese Angelotti, insegnante di religione cattolica, condivide quanto vissuto in classe:
“È difficile spiegare l’esperienza del progetto “Ubuntu” della Comunità Missionaria di Villaregia senza viverla: il tema del razzismo a prima vista può sembrare un tema già snocciolato in ogni sua forma invece, grazie all’esperienza diretta dei missionari, i ragazzi si sono sentiti coinvolti in un racconto con esempi concreti.
Il canto “Boutou mbele”, insegnato dai missionari, è diventato il “tormentone” della scuola, unendo tanti ragazzi di diverse classi che neanche si conoscevano.
Ci vorrebbero più momenti così nelle scuole perché quello che gli alunni hanno appreso si sia radicato ancora più profondamente nelle loro menti proprio per la modalità con cui è stato trattato”.