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Gli inizi a Villaregia

1981: i missionari arrivano nella piccola frazione in provincia di Rovigo

Entrambe le case hanno bisogno di essere ristrutturate. I primi tempi ci vedono alle prese con vari lavori al fine di adeguare quegli ambienti alle nuove necessità. L’edificio di Villaregia era stato costruito dal parroco del luogo, don Antonio Lazzarin, come asilo e centro sociale, ma non era mai stato utilizzato a tale scopo a causa dello sfollamento seguito alle alluvioni. Diventa la residenza dei missionari e centro di tutte le attività.

Senza esitare, il parroco, quando comprende che sta nascendo un’opera di Dio, prende dal cassetto le chiavi di quell’immobile, che gli è costato tanti anni di lavoro e sacrificio, e le consegna ai fondatori con parole di piena fiducia:

“Tutto vostro… Dio lo utilizzi per una sua opera”. Don Antonio vede finalmente compiuta la profezia che padre Gemelli anni addietro gli aveva fatto: “Se hai costruito questa casa con retta intenzione, non temere, Dio la userà”.

Senza riscaldamento

Pensare alla vita dura di queste persone ci aiuta a amare il lavoro spesso faticoso e prolungato dei primi anni, ad accettare con più agilità i disagi iniziali e ci insegna ad accettare il freddo di una casa mai abitata e priva di riscaldamento. Si fa memoria ogni tanto del primo inverno, il più rigido.

“Ci svegliavamo al mattino con le coperte umide: fratello gelo durante la notte ci aveva visitato, lasciandoci il suo ricordo. Ci si sentiva le ossa inzuppate d’acqua! Ma eravamo felici, entusiasti di essere missionari, di spenderci per gli altri anche con questi sacrifici “ ricorda padre Fiorenzo. “ Vivevamo ogni sacrificio e disagio con la gioia di allenarci per la dura vita della missione e per essere solidali con i poveri”.

La visita del Vescovo

Nel bel mezzo del lavoro arriva una 127 blu: è mons. Sennen.

Eravamo impolverati, sporchi. Gli andiamo incontro per accoglierlo. Con la sua tipica spontaneità ha voluto visitare la casa passando in mezzo ai calcinacci e alla polvere.

Era venuto per vedere come stavamo. Rendendosi conto che non avevamo il riscaldamento si raccomandò che stessimo attenti a non ammalarci”, ricorda padre Roberto.

Quando ci lasciò con il suo umorismo ci diede la più bella benedizione che potessimo aspettarci: “Vi auguro che questa casa presto divenga insufficiente a contenere tutti quelli che desiderano vivere in questa nuova comunità che sta nascendo”.

Ca' Pisani

Il secondo edificio, a Ca’ Pisani, distante poco più di due chilometri dal primo, accoglie il nucleo delle missionarie. Si tratta di un vecchio asilo abitato sino a qualche mese prima da alcune suore. Questa zona, in cui il Po si getta nel mare, ramificandosi a delta, con gli ampi orizzonti interrotti qua e là dagli argini del fiume, è un paesaggio nuovo per i primi missionari.

Ci troviamo immersi in una terra rubata alle piene del Po, coltivata a mais e a barbabietole, circondata da tanta acqua. Qui vediamo uomini trepidare per la pioggia che minaccia il raccolto, donne curve sul campo a raccogliere le pannocchie. Guardiamo e accogliamo in noi la vita di questa gente, cercando di comprendere la fatica di rimanere ore e ore su un trattore a lavorare immense distese di campagna.

Il coraggio di mettersi in gioco

Già dai primi giorni Villaregia è in fermento. C’è rumore di martello e di sega, c’è scricchiolio di carriole e picchiettio di zappa, arriva il camion che scarica la terra, e si sente il rumore della betoniera che impasta il cemento…

È davvero l’inizio. Se ne vedono delle belle! Un giovane che ha studiato al liceo classico fa l’elettricista e una ragioniera mette su le piastrelle della cucina, un medico è alle prese con una montagna di terra da spalare e un ingegnere monta un tubo nel bagno… Ci improvvisiamo muratori, manovali, idraulici, piastrellisti, saldatori, imbianchini…

Un cantiere proprio insolito, dove nessuno è operaio specializzato, eppure tutti si mettono in gioco, profondamente convinti di ciò che fanno!

La Provvidenza

In poche settimane sulle pareti bianche della casa spoglia, la Provvidenza, servendosi del coraggio e della buona volontà di tutti, comincia a scrivere giorno dopo giorno la storia di Dio con noi. Arrivano i primi mobili per arredare i diversi ambienti, con quelli più belli allestiamo la cappella per accogliere l’Eucaristia.

Per il resto combiniamo alla meglio stili diversi, raggiungendo un’insolita armonia, a testimonianza che le diversità possono abitare insieme. Gli spazi esterni e la casa cambiano rapidamente aspetto. I missionari assistono con soddisfazione ai mutamenti.

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