Il racconto di Marilena, una delle prime missionarie arrivate a Texcoco per avviare la comunità, ci aiuta a comprendere la fede del popolo messicano
Quando siamo arrivati, nel 1998, ci siamo messi in ascolto della realtà sociale e religiosa di questa periferia di Città del Messico. Era un contesto molto povero, in cui la gente aveva sofferto la persecuzione religiosa. Quando chiedevamo alle persone se avessero ricevuto i sacramenti ci dicevano che le chiese erano state chiuse per anni e la catechesi era assolutamente vietata. Offrire occasioni per approfondire la propria fede e condividerla con altri è diventato uno dei nostri obiettivi.
Un’esperienza forte è quella che viviamo nei giorni della settimana santa. Insieme ai membri laici – giovani, adulti, e coppie di sposi – andiamo nelle comunità cristiane più lontane e sperdute del Messico per animare e celebrare i misteri della passione, morte e resurrezione del Signore. Le lingue chol, zapoteco, nahuatl, parlate nelle zone che visitiamo, non impediscono la comunicazione e la fraternità. In molte occasioni i bambini diventano i nostri interpreti e maestri.
La gente ha bisogno di sentire una Chiesa più prossima ed accoglie con generosità noi missionari. Aspetta il nostro arrivo con gioia non solo perché portiamo loro il messaggio d’amore del Padre, ma perché condividiamo la vita fraterna nella quotidianità, accogliamo le loro usanze e le pietanze che ci preparano. Sempre ci commuove percepire la sete di Dio di tanti fratelli, per questo una preghiera ci accompagna con insistenza durante le celebrazioni della Settimana Santa: “Oh Gesù, Pastore Eterno, guarda il tuo gregge amato. Donaci sacerdoti, religiosi e laici santi, te lo chiediamo per intercessione della Madonna di Guadalupe, tua dolce e santa Madre.”